Artioli investe sulla scarpa casual e sportiva, su pellami biodegradabili e su una gamma di servizi “eco”. Obiettivi ormai imprescindibili per un calzaturificio storico che guarda al futuro
I grandi classici della scarpa maschile Artioli tornano al Micam a ogni edizione con il loro stile unico e riconoscibile, frutto dell’esperienza di oltre un secolo di tradizione calzaturiera tramandata da quattro generazioni. Sempre più amate, tuttavia, sono le sneaker. Andrea Artioli ci parla della ricerca portata avanti su un trend destinato a non fermarsi e dei progetti per un futuro della scarpa più sostenibile.
Andrea Artioli, da cosa nasce la decisione di investire sulla sneaker?
“Generazioni di giovani sono cresciute con le sneaker ai piedi e, ormai ‘viziate’ dalla comodità, non riescono più a indossare la scarpa tradizionale con la suola in cuoio. Credo che tornare indietro sia difficile o addirittura impossibile. Le sneaker sono diventate un fenomeno di massa, adatte per ogni occasione, dai contesti casual alle situazioni formali. Ecco perché stiamo investendo molto su questo progetto. Con l’ingresso in azienda di mio figlio Alberto abbiamo sviluppato e via via ampliato la nostra alternativa alla calzatura classica. Alberto è estremamente creativo, la sua formazione artistica parte dall’infanzia. Conosce molto bene il mondo delle sneaker, e oggi ne disegna i modelli e ne segue la produzione. Ama l’artigianato e realizza le tomaie in piccole serie limitate”.
Qual è la richiesta?
“In questo momento abbiamo quasi il doppio della domanda rispetto alla nostra capacità produttiva, ma pur di indossare una sneaker Artioli il cliente è disposto ad attendere mesi. Attualmente è molto forte la richiesta dalla Cina e dall’Africa, in particolare Congo, Nigeria e Sudafrica dove sta aumentando il numero di nuovi ricchi. Siamo in grado di realizzare seimila sneaker all’anno: stiamo cercando di aumentare la produttività, ma non è facile. Abbiamo assunto sei nuove persone perché intendiamo giungere in due anni a produrne almeno diecimila paia. Incrementando la produttività riusciremmo anche ad abbassare il prezzo finale del prodotto, per rendere la calzatura Artioli disponibile a una più larga fascia di consumatori”.
E rispetto al prodotto classico?
“Sul classico la domanda è addirittura tre volte superiore rispetto alla nostra produzione. Per assorbire l’inflazione abbiamo dovuto aumentare i prezzi, l’attesa per il cliente finale è lunga, tuttavia chi conosce la calzatura Artioli è disposto, come ho detto, ad aspettare. Il vero problema è legato al turnover. È molto difficile per un’impresa artigiana che realizza calzature d’eccellenza come le nostre reperire manodopera con le necessarie qualità e competenze: per trasmettere la nostra arte ai giovani abbiamo creato una piccola Academy all’interno dell’azienda”.
Siete un esempio virtuoso di impresa famigliare. Oltre ad Alberto, anche i suoi figli Amedeo e Alessandro porteranno avanti questa grande passione?
“Amedeo e Alessandro stanno rispettivamente terminando e proseguendo gli studi universitari nel settore del marketing e della comunicazione. Tutti e tre i fratelli possiedono una vena artistica e, seppur con caratteri diversi, sono molto affiatati e solidali tra loro. Mi piacerebbe che il maggiore, prossimo alla laurea magistrale in marketing, si dedicasse allo sviluppo del Metaverso. Sarei felice ovviamente se tutti e tre si interessassero alla crescita dell’azienda, sono ancora tante le opportunità. Io ho avuto la fortuna di essere affiancato da mio nonno Severino fino al 2004 e da mio padre Vito fino allo scorso anno, due grandi uomini che mi hanno insegnato davvero tanto”.
Oltre allo zoccolo duro di numerosi punti vendita in tutto il mondo, quanto alimenta il business il vostro negozio e-commerce?
“Abbiamo incominciato a sviluppare l’e-commerce quattro anni fa in modo direi quasi ‘maccheronico’. La pandemia ne ha favorito la crescita e oggi è il negozio Artioli che vende di più al mondo. Una leva per la visibilità a livello internazionale che ha avuto un ottimo successo”.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Mio nonno e mio padre si sono dedicati esclusivamente alla realizzazione di calzature, io nel tempo ho sviluppato anche la produzione di cinture e poi di borse acquisendo e trasferendo in azienda l’attività di due botteghe storiche, rispettivamente di Milano e di Varese. Intendo procedere allo stesso modo con la lavorazione dei giubbotti in pelle. Tutto secondo la filosofia Artioli, che include la selezione delle migliori concerie italiane e la migliore qualità dei pellami. Ci stiamo impegnando nel rendere le calzature più sostenibili, selezionando procedimenti di concia ecologica che renderanno i pellami maggiormente biodegradabili. Offriamo un servizio di risuolatura per allungare la vita della scarpa e lanceremo un progetto su scala mondiale di ritiro dell’usato in cambio di uno sconto sul nuovo. Prima mediante l’e-commerce e in seguito anche attraverso i retailer. L’idea alla base è quella di rigenerare la calzatura di seconda mano per poi donarla a una parte del mondo che economicamente non potrebbe permettersi il nostro prodotto. L’etica morale di contribuire nella società con un servizio che mette a disposizione le nostre competenze in modo altruistico per il bene comune”.
ARTIOLI – artioli.com

Andrea Artioli all’ultima edizione di Micam: classici e sneaker per il prossimo autunno- inverno
