Calzaturifici e aziende comparto moda, cercasi nuove leve specializzate; la soluzione di Confindustria: «Creare lavoro»
“Caro lavoro, il capitale umano come valore sostenibile”. Questo il nome della assemblea di Confindustria di Fermo, tenuta lo scorso 9 dicembre presso il Teatro dell’Aquila.
«Con “Caro Lavoro”» spiega il presidente di Confindustria Fermo Fabrizio Luciani, «si intende giocare sulla dualità del significato del termine “caro”. Da una parte “costoso”, a causa di una tassazione iniqua che inficia la competitività del mercato del mondo del lavoro italiano rispetto a quello estero; e dall’altra l’accezione positiva del termine, ossia caro, “benvoluto”.
È la ripartenza il tema centrale su cui le cariche intervenute si sono confrontate, in uno stimolante momento di riflessione e confronto per il sistema industriale. Luciani ha sottolineato la recente e sempre maggiore difficoltà di reperire manodopera specializzata da parte delle imprese, soprattutto per quanto riguarda il settore calzaturiero e le aziende della filiera della moda, da chi cuce cappelli a chi si occupa dell’orlatura e scarnitura delle calzature. Criticità che, aggiunta all’aumento dei costi, rischia di vanificare i recenti sforzi del comparto manifatturiero provinciale volti alla ripresa, che hanno fruttato, nella prima metà del 2022, una crescita delle esportazioni del 30% circa. «Senza addetti specializzati» ha concluso Luciani, riferendosi alle aziende di produzione, «i territori produttivi nel tempo rischiano di perdere imprese».
Conferma il problema sul territorio marchigiano il presidente di Confindustria Marche Roberto Cardinali. Nel suo intervento mostra che tra novembre 2022 e gennaio 2023 il 16,1% delle aziende marchigiane sarebbe intenzionato ad assumere 30mila nuovi addetti, ma che quasi la metà di queste figure sarà di difficile reperimento. Ha rivelato inoltre la sua preoccupazione per il fatto che in Italia oltre due milioni di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studiano e non lavorano; una parte così ampia di popolazione da rappresentare una categoria sociale (la cosiddetta Neet, Not in Education, Employment or Training). «Il tasso di laureati» ha aggiunto Cardinali, «è tra i più bassi d’Europa, con un minore su quattro a rischio di abbandono scolastico. Per risolvere il problema bisogna avvicinare i giovani alla cultura dell’impresa. Le aziende hanno fame di talenti, ma faticano a trovarne».
Nel suo intervento, il sottosegretario di Stato al Ministero dell’economia e delle finanze Lucia Albano ha proposto, come possibile soluzione, l’istituzione di un Liceo del Made In Italy, che offrirebbe una formazione di cultura classica unita a nozioni di tipo economico. «È necessario» ha spiegato, «combattere la disoccupazione giovanile aumentando gli investimenti sulla formazione tecnica, che è il vero legame tra scuola e imprese».
Ed è infine a Carlo Bonomi che spetta l’incarico di trarre le conclusioni della giornata. Sottolineando la bontà della destinazione da parte dello Stato di una buona parte delle risorse nel contrasto del caro energetico, il presidente nazionale di Confindustria ha detto che per crescere l’Italia deve creare nuovi posti di lavori e non soltanto liberare quelli vecchi con il prepensionamento. Ha ribadito che nel nostro Paese mancano profili professionali richiesti dalle aziende e che i costi del lavoro sono troppo alti, e non sono a beneficio del lavoratore. L’ultimo pensiero lo ha rivolto ai giovani con una citazione di Papa Francesco, quando ha dichiarato che il modo migliore per distribuire la ricchezza è creare posti di lavoro. Bonomi si è detto soddisfatto e convinto degli obiettivi: «Confindustria» ha affermato, «continuerà a fare il proprio lavoro con un unico obiettivo: la crescita del Paese».