Il dottor Umberto Schiavo, medico del lavoro che opera in Veneto, evidenzia la situazione attuale e le responsabilità a cui sono chiamati i titolari delle aziende
Ormai non si contano quasi più gli incidenti, anche mortali, che si registrano sui posti di lavoro in Italia. La cronaca ci aggiorna quasi quotidianamente delle cosiddette morti bianche, un fenomeno ancora molto attuale nonostante le normative in materia siano diventate con gli anni più stringenti. Pur in presenza di questa maggiore attenzione il fenomeno rimane di basilare importanza e attualità: basti pensare che secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat si parla di oltre 4 incidenti gravi al giorno, in buona parte anche letali. Si tratta di una e vera propria piaga nazionale che colpisce in tutte le regioni, anche se la maggior influenza riguarda le zone più industrializzate e abitate, in particolare quelle del Nord. Tuttavia, ci sono comunque alcuni settori che sono più colpiti di altri, basti pensare a quello edilizio (un comparto quest’ultimo in forte sviluppo negli ultimi mesi in virtù delle agevolazioni del superbonus 110%) oppure al manifatturiero.
Di questi argomenti ne abbiamo parlato con il dottor Umberto Schiavo, medico competente del lavoro ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 81/2008. Il professionista, che è anche un medico chirurgo specialista in igiene e medicina preventiva, ha lo studio a Piazzola sul Brenta (Padova) ed opera in Veneto, una delle regioni italiane, assieme alla Lombardia, con la più alta incidenza di infortuni sul lavoro.
Dottor Schiavo, che cosa sono i dispositivi di protezione?
“Sono strumenti che hanno lo scopo di proteggere il lavoratore. Si dicono individuali quando proteggono il singolo e collettivi quando invece sono pensati per tutti gli operatori. Un esempio di quest’ultimo può essere rappresentato da un ponteggio o dalle reti protettive”.
In che modo possiamo suddividere tali dispositivi?
“I DPI sono diversi in base al tipo di lavoro svolto. Infatti, non è pensabile che un impiegato utilizzi gli stessi dispositivi di un artigiano del legno. Devono sempre esser omologati ed essere provvisti di una certificazione valida della Comunità Europea. Periodicamente, questi dispostivi vanno sostituiti a causa dell’usura oppure controllati da una ditta specializzata. Inoltre vanno utilizzati nel modo corretto altrimenti non fungono al loro scopo, ossia quello di proteggere il lavoratore”.
Nell’ambito della sicurezza sul lavoro quali sono i DPI?
“Tutti i dispositivi di protezione, sia collettivi che individuali, vengono previsti all’interno del documento di valutazione dei rischi che è obbligatorio per legge in tutti gli spazi di lavoro. È compito del medico del lavoro assieme al datore di lavoro e al responsabile della sicurezza dell’azienda stilare il documento per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Sempre nel documento viene inoltre indicato quali sono gli esami specifici che il medico deve periodicamente eseguire per valutare lo stato di salute generale degli operatori. Di medico del lavoro ce n’è uno per tutta l’azienda”.
Quali compiti spettano al titolare dell’industria o azienda nel rispetto della normativa?
“Il datore di lavoro deve fornire i DPI che possono cambiare in base al tipo di attività svolta. Per fare un esempio, sul posto di lavoro dovrebbero essere sempre disponibili in un luogo adibito DPI quali elemento, occhiali protettivi, guanti, giubbotto catarifrangente, tappi antirumore e altri in grado di tutelare coloro che operano in azienda. Purtroppo, in molti luoghi di lavoro sono i singoli operatori che si devono preoccupare per la loro stessa sicurezza quando la direzione non fornisce loro del materiale protettivo adeguato. Ci si ritrova con DPI logori e che non riescono quindi a garantire il livello minimo di sicurezza”.
Dalla sua esperienza personale qual è la situazione attuale a livello di rispetto della normativa?
“Sebbene queste misure siano obbligatorie, tante aziende e imprese ne sono sprovviste del tutto o anche solo in parte. Come dice un antico detto popolare “prevenire è meglio che curare” ma non sempre è così. I controlli sulla sicurezza nei luoghi di lavoro spesso e volentieri sono insufficienti o assenti del tutto. Si arriva troppo tardi a constatare una situazione carente dal punto di vista della sicurezza e della salute per gli operatori che sono esposti a moltissimi rischi tutti i giorni. Solo una corretta e continua prevenzione può evitare che si registrino nuovi incidenti, e non solo, sul posto di lavoro”.

Dottor Umberto Schiavo, medico competente del lavoro
