
Prosegue il viaggio di Mpa Style nei poli di eccellenza dell’industria italiana della calzatura e degli accessori moda.
Da nord a sud, dal Veneto alla Campania: siamo giunti nel distretto di Grumo Nevano – Aversa. Ventitre i comuni afferenti al polo, otto nella provincia di Napoli e quindici in quella di Caserta: un tessuto imprenditoriale di aziende prevalentemente semi artigianali, con un posizionamento di prodotto nel segmento medio-alto e altissimo del settore, che hanno costruito il proprio brand o sono partner per le private label o le grandi multinazionali della moda.
Il pool di realtà citate è solo rappresentativo di un contesto di piccole e medie imprese molto più articolato, che non ci esimeremo dal prendere in esame nei prossimi numeri.
Nel distretto dell’haute couture
Un itinerario alla scoperta di un polo d’eccellenza tra Napoli e Caserta, che per tradizione produce scarpe e accessori per le maggiori case di moda e del lusso. Ecco ciò che rende interessante la Campania e il suo tessuto imprenditoriale calzaturiero Orientamento alla qualità e forte propensione all’export appartengono al Dna del distretto calzaturiero campano, punto di riferimento delle più importanti maison della moda internazionale.
Grumo Nevano
La Campania copre il 50% della produzione calzaturiera del Mezzogiorno e il 15% di quella nazionale e costituisce una delle nove regioni europee con il maggior numero di dipendenti nella realizzazione di scarpe e prodotti in pelle. La regione, con 390 calzaturifici e produttori di calzature a mano e su misura, è la quarta su territorio italiano per numero di aziende e quinta per numero di addetti (dati 2018 InfoCamere-Movimprese, elaborazioni Centro Studi Confindustria Moda).
I calzaturifici campani sono collocati in aree specifiche e specializzate nella produzione. Il distretto di Grumo Nevano – Aversa, istituito con delibera della Regione Campania n. 59 del 1997, comprende ventitré comuni, otto nella provincia di Napoli (Arzano, Casandrino, Casavatore, Casoria, Frattamaggiore, Grumo Nevano, Melito di Napoli, Sant’Antimo) e quindici nella provincia di Caserta (Aversa, Carinaro, Cesa, Frignano, Gricignano di Aversa, Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Marcellino, San Tammaro, Sant’Arpino, Succivo, Teverola, Trentola Ducenta, Villa di Briano). Il polo si concentra oggi maggiormente nell’hinterland napoletano e nella cosiddetta “cittadella aversana”, anche se la sua origine è da ricercarsi principalmente nella località di Grumo Nevano, caratterizzata da un diffuso sapere locale e grandi competenze.
Aversa
Una vera e propria tradizione calzaturiera si diffonde in Campania solo nella prima metà del Novecento quando, sul modello artigianalemanifatturiero, sorgono i primi calzaturifici nei comuni di Grumo Nevano, Arzano, Casandrino, Casoria e nel comprensorio aversano. Con l’incremento della domanda nazionale le iniziative sul territorio si moltiplicano e vivono un vero e proprio boom tra gli anni Sessanta e Ottanta. I maestri artigiani lasciano il posto a un nuovo modo di operare, in azienda e con gli strumenti che velocizzano la manodopera: dal lavoro dei ciabattini, specializzati nella fabbricazione a mano dei cosiddetti “fascioni”, sandali da uomo di provenienza partenopea (a Napoli esisteva fin dal 1400 un fiorente artigianato calzaturiero) si passa a una dimensione aziendale semi artigianale, con un posizionamento di prodotto nel segmento medio-alto del settore.
Tra Arzano, area industriale a nord di Napoli, e Caserta si concentra oggi un distretto di scarpe di qualità, un polo di eccellenza con creazioni destinate prevalentemente a una clientela maschile, realizzate sia a marchio proprio sia conto terzi per i grandi gruppi della moda e del lusso. Nella sola città di Napoli sono oltre 150 le imprese che operano nel mondo delle calzature, circa un quarto delle quali producono esclusivamente per l’estero in fascia medio-alta o altissima. Anche le intramontabili sneaker appartengono saldamente alla tradizione. Il settore calzaturiero, così come quello del tessile-abbigliamento, riveste dunque per la regione Campania un’importanza strategica rilevante. Tradizione, competenze, qualità made in Italy, design, innovazione di prodotto e di processo costituiscono punti di forza e fattori competitivi insieme con un tessuto produttivo di piccole e medie imprese agile e flessibile, in grado di adattarsi con rapidità ai cambiamenti del mercato.
Nel distretto di Grumo Nevano – Aversa le aziende coprono l’intera filiera permettendo al comparto di essere autosufficiente e pertanto appetibile per le maggiori griffe: ecco da dove provengono gran parte delle calzature, dei componenti, delle rifiniture e degli accessori di pelletteria che vediamo sfilare sulle passerelle dell’haute couture internazionale. Purtroppo il lockdown ha colpito in maniera significativa l’intero comparto nazionale che, ha sottolineato il presidente di Assocalzaturifici, Siro Badon, “non avendo potuto riconvertire alcuna linea di produzione, a differenza del tessile, ha registrato perdite più significative per fatturato e ordini rispetto alle altre aziende del settore moda”. Il 2020 non ha visto un inizio brillante, creando molta preoccupazione tra i produttori. Le imprese di uno dei settori cruciali per il made in Italy, tra le quali anche quelle campane, chiedono ora misure forti e strutturali da parte del governo in materia di credito, fiscalità e sostegno all’export.
Vicino al distretto, I luoghi da non perdere

Napoli
Amata ed esecrata per la sua nobiltà storica e per il suo disordine recente, per il patrimonio artistico e per i problemi sociali, per un’indole popolare allegra e dura al tempo stesso. Napoli, capitale del Mediterraneo. Colori, sapori, culture: araba, normanna, sveva, angioina, aragonese, borbonica. Ovunque se ne ritrovano i segni, nelle vie, nell’affollato dedalo di stradine e vicoli, nei palazzi decadenti che celano vasti cortili interni, nelle chiese imponenti o minute, nei giardini tutti da scoprire. Castel dell’Ovo è una delle cartoline che meglio rappresentano Napoli.
L’imponente fortezza di pietra sull’isolotto di Megaride domina il centro, il golfo, il Vesuvio all’orizzonte. Si narra che sia l’uovo magico nascosto nelle segrete dal poeta Virgilio a reggere il destino del castello e dell’intera città. La struttura originaria risalente al 1.128 d.C., residenza del potere e avamposto militare per molti secoli, è stata più volte modificata e riadattata fino ai restauri del 1975 che ne hanno fatto luogo di manifestazioni, convegni, meeting e mostre (nel 2019 ha ospitato la sesta edizione del World Footwear Congress).
Castel dell’Ovo e il Borgo Marinari a ridosso (poche abitazioni e la piazzetta la cui vita è legata alle attività turistiche del porticciolo), sono annessi allo storico rione di Santa Lucia tramite un istmo artificiale. Anche Santa Lucia, come il resto della città, conobbe risanamento e profonda trasformazione dopo l’unità d’Italia: nel rione sorgono oggi gli alberghi partenopei più panoramici, edifici importanti e i più prestigiosi circoli nautici napoletani. La poesia del luogo, le vedute, gli scorci sono i protagonisti di opere e film famosi.
Le Isole
Se Ischia occupa una posizione di primissimo piano nei programmi, nei sogni, nelle aspirazioni di turisti italiani e stranieri – fanghi caldi di bellezza, una cucina tra le più celebri del Meridione, la vista aperta verso il golfo di Napoli – Capri è la prima fra tutte. Approdare a Capri è come fare un viaggio nel tempo, immersi tra i colori e i profumi dell’oleandro, della bougainvillea, delle rose, del gelsomino azzurro.
Dalla celebre “Piazzetta” Umberto I, centro dell’isola e “salotto del mondo”, si imbocca via de Le Botteghe, al di sotto dell’arcata tra il Municipio e il Gran Caffè. Si attraversa l’antico nucleo della cittadella fortificata medioevale, passando tra file di alte case con archi e contrafforti risalenti al XIV secolo. Via Fuorlovado, oggi sede di negozi e alberghi, segnava – come indica il nome, “vado fuori” – la fine dell’insediamento medioevale e l’inizio delle campagne. La visita è solo cominciata. Senza dimenticare la costa: frastagliata, con numerose grotte e cale che si alternano a ripide scogliere a picco sul mare. Lo stile di Capri è racchiuso nei sandali di Paolo Ferrara, che per la loro eleganza e semplicità hanno conquistato ogni donna dall’animo glamour.

Caserta
L’aggettivo più adatto è “imponente”. La Reggia di Caserta intendeva eguagliare, nei desideri di Carlo III di Borbone, il capolavoro di Versailles. Nel 1751, su disegno dell’architetto Luigi Vanvitelli, i lavori ebbero inizio: furono necessari ventidue anni di cantieri per realizzare 1.200 stanze disposte su cinque piani per una superficie di 45.000 metri quadrati. E poi lo scenografico scalone d’onore di invenzione barocca, l’ottocentesca fulgida sala del trono, le decorazioni, le pitture, le sculture. Alle spalle del palazzo, la prospettiva dei giardini sale dolcemente per oltre tre chilometri per raggiungere le cascate realizzate sulle pendici della collina.
Poco distante, il borgo di San Leucio, famoso per l’antica tradizione della seta, è Patrimonio dell’Umanità. Con il suo anfiteatro secondo per grandezza solo al Colosseo, Santa Maria Capua Vetere invita alla visita del museo archeologico dell’antica Capua, per ripercorrerne la storia dalla fase embrionale fino ai fasti dell’età sannitica e romana, e alla decadenza post-romana.

Solachianiello
Una curiosità
Tra gli antichi mestieri praticati un tempo nella città di Napoli, quello del solachianiello merita una nota. Termine composto da sola (suola) e chianiello (un modello a forma di pantofola), “O solachianiello” era colui che riparava le scarpe, un ciabattino che esercitava la professione sia a domicilio che in bottega. La sua cerchia di clienti era solitamente composta da quelle persone che, non potendo permettersi l’acquisto di un nuovo paio di scarpe, decidevano di aggiustare, finché possibile e in tempi rapidi per non rimanere a piedi nudi, quelle usurate. Non a caso le vecchie botteghe dei calzolai erano note come “rapide”. L’artigiano utilizzava pochi e semplici strumenti, un po’ di colla, di semmenzella (chiodini), un martelletto, un punteruolo e qualche ago. Rarissime sono le botteghe tramandate di padre in figlio che ancora sopravvivono.

In cucina
Dici Napoli, pensi pizza. La sua arte è oggi Patrimonio immateriale dell’Umanità. Nelle migliori pizzerie della città, la pizza è un rito da rispettare, dalla cottura alla consumazione. Rigorosamente preparata nel forno a legna, è assolutamente da mangiare con le mani.
La tradizione culinaria campana è tra le più antiche e ricche dell’intero panorama gastronomico mondiale. Le particolari caratteristiche climatiche, l’opera fertilizzante dei vulcani presenti sul territorio, il ruolo di crocevia di popoli e culture del Mediterraneo ne hanno fatto un territorio chiave dal punto di vista agroalimentare. Oltre trecento, 330 per l’esattezza, i prodotti tipici della cucina tradizionale riconosciuti dal ministero per le Politiche agricole. Farne un elenco sarebbe riduttivo.