Il Direttore Generale Andrea Chiorboli spiega le strategie della Società che vanta come azionisti dieci comuni del Vicentino, tra cui Arzignano.
È un futuro sempre più sostenibile e rispettoso dell’ambiente quello programmato e progettato da ACQUE DEL CHIAMPO Spa, che si occupa in modo centralizzato ed esteso dei servizi di acquedotti, fognature, depurazione e smaltimento fanghi in discarica. Ad assicurarlo è il Direttore Generale Andrea Chiorboli, che abbiamo intervistato nella sede centrale (estesa su un’area di 155 mila mq) ad Arzignano. Questo centro, capoluogo di uno dei più importanti distretti mondiali della pelle, è uno dei dieci comuni azionisti (gli altri sono Altissimo, Brendola, Chiampo, Crespadoro, Lonigo, Montecchio Maggiore, Montorso Vicentino, Nogarole Vicentino e San Pietro Mussolino), che opera nella vallata omonima da oltre 40 anni.
In particolare, ACQUE DEL CHIAMPO rappresenta un punto di riferimento per le aziende conciarie del territorio, con 135 (in pratica la quasi totalità) servite in rete anche per gli impianti di scarico. Ma sono anche altri i numeri che fanno di ADC un vero colosso a servizio della collettività e del mondo economico: 190 dipendenti, 10 milioni di metri cubi erogati all’anno, di cui 43% industriale e 57% civile; gli acquedotti industriali e civili sono lunghi rispettivamente 19 e 900 Km, con la rete di fognatura industriale pari a 40 km e delle fognature civili di 682 km. La gestione economica dei comparti industriale e civile viene svolta separatamente.
L’assemblea dei soci a maggio ha scelto all’unanimità Andrea Chiorboli come nuovo direttore generale, un manager che opera in ACQUE DEL CHIAMPO da oltre 20 anni. Ingegnere civile dal 1998, iscritto all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Vicenza, 49 anni, sposato con una figlia.
“Il nuovo presidente – ci ha spiegato l’ingegner Chiorboli – ha istituito l’ufficio di presidenza, scegliendo me come riferimento per gestire un periodo, peraltro coincidente con il blocco causato dalla pandemia sanitaria, in cui bisognava scegliere le figure apicali, ma nel contempo garantire l’operatività dell’azienda con l’avvio dei progetti che i soci avevano dato come indirizzo al Consiglio di amministrazione, in particolare il sindaco di Arzignano Alessia Bevilacqua, cui va il mio ringraziamento”.
Come giudica, vista dall’interno, la crescita di ADC negli Anni Duemila?
“Nel momento storico in cui sono arrivato la Società si stava ampliando e trasformando da ente pubblico in società erogatrice di servizi: in quel momento si sono creati spazi in cui era necessario ripartire da zero, sia dal punto di vista operativo che organizzativo. È stato un mettersi in gioco giorno dopo giorno, alla fine le conoscenze si acquisiscono senza pregiudizi e senza la pretesa di sapere tutto, ma con la capacità di ascoltare e capire. Devo dare atto ad amministratori e dirigenti di ADC, con cui sono venuto a contatto in questi anni, di avermi dato la possibilità di imparare e operare strategie nuove e diverse. Alla fine, è risultata fondamentale la conoscenza trasversale dell’azienda, ad esempio a livello di regolamenti e autorizzazioni, ma anche in ambito tecnico visto che ho seguito per anni la gestione degli acquedotti e delle fognature e coordinato i relativi progetti”.
Quale è stato un periodo significativo del ventennio?
“Un momento importante di crescita, anche a livello di carriera, risale al 2013 quando abbiamo fronteggiato la contaminazione da PFAS nelle acque di falda. Lì è stato necessario rimettere in discussione il concetto dell’acqua, prelevata dalla fonte, buona da bere. Tutto ciò ha instaurato dei meccanismi di approccio diverso, vista la necessità di implementare nuovi sistemi e competenze. Ci siamo relazionati molto di più con i soggetti gestori esterni: con i tecnici delle altre società è iniziato un dialogo più costruttivo, così come con i soggetti controllori, tra cui Ulss, Arpav e Regione. Ci siamo resi conto che in molti paesi del mondo si stavano trattando le stesse nostre problematiche. ACQUE DEL CHIAMPO è stata la prima ad affrontare concetti decisivi per realizzare pubblicazioni scientifiche sulle problematiche PFAS, che prima non esistevano”.
Che altre sfide si è trovato ad affrontare nel suo percorso professionale?
“Decisivo il momento in cui dal settore gestione sono passato alla progettazione, soprattutto per quanto riguarda acquedotti e fognature. Abbiamo progettato diversi impianti e provveduto con l’estensione di rete, d’altronde grandi società come la nostra pianificano sempre il rinnovamento progressivo delle infrastrutture. Inoltre, sono stati realizzati diversi impianti di trattamento, a carboni attivi, per i PFAS. Nell’ultimo periodo c’era stato il mio spostamento in ambito amministrativo, un compito imperniato sulle utenze industriali per la gestione e il rilascio delle autorizzazioni. Noi gestiamo una ventina di realtà conciarie e attività produttive in AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), che prevedono impatti ben definiti sul territorio, dove i permessi vengono rilasciati dalla Provincia o dalla Regione, demandando comunque a noi il controllo e la gestione degli scarichi”.
Quello in ambito amministrativo che tipo di esperienza è stata?
“Tra le varie cose mi ha permesso di appurare come avviene il monitoraggio delle aziende in relazione alla qualità degli scarichi. Il sistema non si limita a mandare all’azienda la fattura o l’avviso di superamento dei limiti di scarico, ma garantisce al cliente la risoluzione di qualsiasi tipo di problema. Grazie alla struttura tecnica di cui siamo dotati possiamo mettere a servizio degli imprenditori indicazioni utili per la loro attività. In questo ambito ci si muove sempre su “un filo delicato” in cui deve essere ben chiaro chi controlla e chi è controllato, perchè comunque noi rispondiamo alle autorità, alle quali siamo tenuti a segnalare determinati comportamenti e in casi limite applicare sanzioni”.
In che altro modo la vostra Società supporta le aziende del distretto conciario?
“In tanti altri modi. Ad esempio, quando un’utenza, per esigenze produttive, deve utilizzare determinati prodotti o in certi periodi si trova a fronteggiare sostanze contaminanti, sconosciute o di difficile abbattimento, nella nostra realtà trova ingegneri, analisti e specialisti, che mettono a disposizione le loro competenze professionali. Nella quasi totalità dei casi si tratta di uno scambio di informazioni in quello che rappresenta il giusto connubio tra cliente e fornitore di servizio per un obiettivo comune che è la grande attenzione all’ambiente. Il tutto con regole ben definitive: il concetto, particolarmente attuale, secondo cui le utenze conciarie pagano in base al carico inquinante, ossia “chi inquina paga”, noi lo attuiamo dall’inizio della nostra storia. In realtà, più che “pagare”, le aziende conciarie usufruiscono del servizio di depurazione”.
Nel settore industriale ACQUE DEL CHIAMPO è considerato una eccellenza a livello mondiale…
“La particolarità sta proprio nel fatto di essere un fornitore di servizi che, oltre ad imporre determinate regole, collabora quotidianamente con le aziende del territorio. Questo deriva da una scelta strategica decisa dai nostri soci fondatori che hanno condiviso l’idea che la depurazione è una responsabilità che deve assumersi uno specialista a 360 gradi. È una procedura che completa la filiera produttiva della concia, quindi è un’assunzione di responsabilità nostra nei confronti dell’ambiente e dei nostri clienti, impegnati nelle loro attività produttive”.
Nel futuro immediato che cosa la aspetta nel ruolo di d.g. e in generale per ADC?
“Abbiamo bisogno di un rinnovamento che opereremo con le nostre ottime risorse interne. Disponiamo di un team di dirigenti tecnici di elevata competenza e caratura, inoltre abbiamo creato un organigramma con uno staff multifunzionale di professionalità interne, che operano nell’ambito dell’ufficio di direzione, per poter rispondere anche agli input che arrivano dall’esterno, a partire dall’organo amministrativo. L’ufficio comprende professionisti multidisciplinari, come ingegneri, amministrativi ed avvocati, che supportano la direzione generale nello svolgimento di attività nuove, come può essere la sperimentazione dei fanghi, Ricerca & Sviluppo, il piano di sicurezza degli acquedotti. Quest’ultimo è un punto strategico per il futuro, da cui emergeranno nuove problematiche da gestire in funzione degli inquinanti emergenti. Oggi parliamo di PFAS, ma un domani avremo a che fare con altre sostanze inquinanti sulle quali bisognerà adottare soluzioni tecnologiche”.
www.acquedelchiampospa.it

Andrea Chiorboli
