Solofra: basta attacchi al distretto conciario

UNIC Concerie Italiane
L’inquinamento del Sarno non dipende dalle concerie solofrane: i fatti e, paradossalmente, anche il lockdown lo dimostrano. UNIC – Concerie Italiane e le aziende irpine chiedono maggiori controlli al Ministero dell’Ambiente e alla Regione Campania


Una presa di posizione forte, ma soprattutto necessaria. È quella di UNIC – Concerie Italiane in difesa del distruttivo produttivo di Solofra (provincia di Avellino), per troppo tempo sottoposto ad attacchi privi da ogni fondamento in relazione alla sua presunta responsabilità nell’inquinamento del fiume Sarno. Attacchi, compresi gli ultimi giunti in concomitanza con l’avvio della Fase 2 (4 maggio 2020), arrivati anche da forze politiche evidentemente non a conoscenza della realtà dei territori.

Il distretto conciario di Solofra è composto da 150 aziende e 2.000 addetti. Sviluppa un fatturato annuo di 500 milioni di euro, di cui oltre il 75% destinato all’export. E rappresenta, a livello internazionale, una garanzia e qualità, rifornendo i più importanti brand internazionali del fashion. Oltre a subire l’attuale impatto negativo di Covid-19, che porterà a fine anno a una perdita di fatturato stimata tra il 40-50%, le concerie solofrane si sono ritrovate, da alcuni giorni a dover affrontare un rinnovato e insensato attacco sul fronte ambientale. E, sostenute dalla loro associazione nazionale UNIC – Concerie Italiane, hanno deciso di reagire e di fare emergere le verità dei fatti. Come spiega UNIC, infatti, “lo stato degradato del fiume Sarno non è una novità, ma un problema ben conosciuto da decenni, tanto è vero che è stato oggetto di diverse inchieste parlamentari, seppur mai risolto”. E non è un caso, quindi, che “le concerie siano le prime a volere che sia trovata una soluzione definitiva a questo problema per motivi sia di responsabilità ambientale, sia etici ed economici, essendo esse, come ancora in questa occasione, ripetutamente, superficialmente e ingiustamente additate come capro espiatorio di una situazione che non dipende affatto dall’industria conciaria ed è causata esclusivamente dall’inadeguatezza delle reti fognarie civili e dalla mancanza di collettori e depuratori a valle del polo conciario”.

Conceria DMD Solofra, presidenza Sezione Concia di Confindustria Avellino
Mario De Maio, presidenza Sezione Concia di Confindustria Avellino

“Tutti i conciatori di Solofra hanno spinto e spingono – spiega Mario De Maio (Conceria DMD Solofra, presidenza Sezione Concia di Confindustria Avellino – per accentuare l’azione e le attività per comunicare questi aspetti. L’appoggio di UNIC – Concerie Italiane, così, è fondamentale per iniziare una campagna seria di informazione. Un percorso che permetta ai grossi brand che acquistano le nostre pelli di capire che non devono preoccuparsi e non devono fidarsi del sentito dire, perché abbiamo basi certe sulle quali dare senso alle nostre motivazioni”. Certezze che, spiega De Maio, “hanno trovato un alleato anche in Legambiente che ha inviato ai NOE foto e report puntuali realizzati nei giorni successivi al lockdown, quando sono iniziati gli attacchi. Foto e report che dimostravano come le acque fossero pulite da Solofra a Mercato San Severino, mentre risultavano molto inquinate da Castel S. Giorgio in poi, dove si entra in uno stato problematico e di abbandono, perché più a valle delle concerie molti Comuni e fabbriche di altri settori sversano nel Sarno”.

L’impegno alla trasparenza e al voler ristabilire la verità dei fatti non si ferma qui. “ARPAC (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) stilerà ogni mese report raccogliendo e offrendoci dati certi e riconosciuti – spiega De Maio -. Questo ci permetterà di dimostrare a brand, politici e comitati vari che noi non possiamo continuare a essere il capro espiatorio quando si parla di inquinamento del Sarno. Inoltre, stiamo valutando la situazione, per capire cosa accadrà quando l’impianto di Mercato S. Severino dovrà passare obbligatoriamente sotto la gestione della Gori SpA che gestisce tutti gli altri impianti ricadenti nell’ambito ATO 3 sarnese/vesuviano, mentre il depuratore di Solofra, che ricade nell’ambito di ATO 1 calore/irpino, resterà provvisoriamente ancora sotto la gestione Cogei. Per cui stiamo pensando a un consorzio che, insieme alla parte pubblica, gestisca l’impianto o lo dia in affidamento, come il collaudatissimo modello di S. Croce s/Arno. L’obiettivo è quello di avere continuità nella qualità di trattamento e certezza di costi, per poter dare risposte reali e utili alla società e ai brand”.

Ciò dimostra che, oggi, il distretto solofrano, lungi dall’essere la causa del problema, è una delle poche realtà locali che dispone di un complesso unico depurativo, peraltro caratterizzato da un doppio passaggio in impianti di trattamento che si integrano tra loro, ossia quello di Solofra (chimico-fisico e parzialmente biologico) e quello di Mercato S. Severino (solo biologico), il che, dal punto di vista ambientale, rappresenta una condizione di maggior tutela. “I conciatori del distretto – conclude UNIC -, stanchi di subire attacchi sconsiderati, per il tramite di UNIC – Concerie Italiane, hanno chiesto al Ministero dell’Ambiente e alla Presidenza della Regione Campania, nonché a tutte le altre autorità preposte, di accelerare e incrementare i controlli volti a reprimere le condotte illecite che nulla hanno a che vedere con l’attività conciaria”. www.unic.it